Stiamo attraversando un periodo caratterizzato da una politica di tagli alle risorse economiche destinate alla scuola, alla ricerca e alla cultura. Sono tagli che segnano una vera e propria inversione di tendenza rispetto al passato e che finiscono inevitabilmente con l’incidere sulla costruzione del futuro del nostro Paese. D’altra parte si constata l’esistenza di una diffusa volontà, in ambito politico, diretta a “tagliare” i ponti col passato allo scopo evidente di far dimenticare idee ed esperienze culturali caratterizzanti il sistema scolastico italiano per come si è sviluppato dall’unità in poi. Peraltro, in presenza di tagli di risorse e di memoria storica, nell’ultimo quindicennio è stata praticata la politica degli annunci di riforme che sono state oggetto prima di approvazione e poi di modifiche a seconda delle maggioranze uscite vittoriose nelle diverse competizioni elettorali condotte all’insegna del bipolarismo all’italiana.

La scuola, fin dalla nascita dell’unità dell’Italia, è stata sempre protagonista di un graduale sviluppo ed è stata destinataria di interventi (sempre in aumento quanto a risorse economiche investite) che sono stati fondamentali per assicurare lo sviluppo del nostro Paese. Nel secolo scorso si è addirittura verificato il fenomeno della così detta “espansione scolastica” con significativi investimenti nel campo del “diritto alla studio” che hanno fatto registrare complessivamente risultati più che positivi se si considera che il nostro Paese è diventato uno dei più avanzati sia sul versante economico che sul piano culturale e sociale.

Guarda caso, le due anomalie del fascismo e del berlusconismo hanno coinciso con il fenomeno dell’impoverimento della scuola e della cultura. Un impoverimento che si sta accompagnando anche ad una grande crisi del sistema politico, economico e istituzionale dell’Italia.

Non è azzardato sostenere che la presenza di Partiti a grande tradizione culturale coincide e assicura la creazione di quei fermenti e di quei confronti fra diverse scuole di pensiero che sono indispensabili a promuovere la crescita della scuola e, di conseguenza, la crescita sociale, economica e politica di un Paese.

Gli attuali Partiti, nati quasi tutti di recente attraverso un processo di “scomposizione” di antiche formazioni politiche, hanno un grado di attenzione ai problemi della scuola che risente della “polverizzazione” delle varie scuole di pensiero (laiche, cattoliche, marxiste e socialiste) presenti in tutti i Partiti del secondo dopoguerra. Appare del tutto appropriato parlare di “polverizzazione” e non di “sedimentazione” delle pregresse esperienze culturali perché i cambiamenti intervenuti nelle organizzazioni politiche sono stati repentini e spesso sconvolgenti.

Sta di fatto che la nascita di nuovi partiti sotto diverse insegne e simboli, ha fatto perdere per strada il portato della cultura maturata attraverso il dialogo e il confronto fra le diverse scuole di pensiero presenti in Italia prima e dopo la nascita della Repubblica. Ciò accade anche perché il bipolarismo all’italiana della così detta seconda Repubblica e i sistemi elettorali, che hanno favorito la “personalizzazione” della politica e il metodo della cooptazione della classe dirigente, hanno dato il via libera all’identificazione del Partito con il leadear del momento. Non è un caso che l’Italia fa registrare il singolare fenomeno dei partiti personali che addirittura prendono il nome e cognome dal capo del partito che ne diventa il padrone. Il più giovane partito è quello che starebbe per nascere sotto un nome irripetibile ad opera di chi di partiti, nell’ultimo ventennio, ne ha fondati due, Forza Italia e PDL, ricorrendo anche all’improvvisazione che ha visto fondare la formazione politica più comunemente conosciuta come “partito del predellino”.

Il più antico dei grossi Partiti presenti nel Parlamento italiano, la Lega, ha rivendicato, fin dalla sua nascita, la distruzione del sistema scolastico italiano con le sue “energiche” richieste di abolizione dei Provveditorati agli Studi, istituiti fin dalla Legge Casati del 1859, e con le altre iniziative caratterizzate da una distorta e fuorviante concezione dell’autonomia delle scuole, iniziative delle quali l’esperienza della Scuola di Adro ne è il simbolo più vistoso.

Ad onor del vero, nei Sindacati e in alcune associazioni permane la memoria storica delle politiche educative e dei processi di cambiamento intervenuti nella scuola. Ma il punto di osservazione sindacale resta ancorato agli aspetti necessariamente corporativi e, quindi, riguarda una delle parti coinvolte all’interno della Comunità scolastica che è invece molto ricca e variegata e comprende molteplici interessi e molteplici soggetti (componente studentesca, genitori, docenti, personale scolastico non docente, enti locali, realtà economico-produttive presenti nel territorio, etc).

E’ stato sempre ed è compito essenziale dei Partiti fare la sintesi fra i diversi “interessi” coinvolti nella comunità scolastica. Ma molti Partiti che affrontano i temi della scuola sono troppo “giovani”. E qualche volta i giovani incorrono negli errori tipici di chi scalcia per farsi largo e di chi fa il deserto per emergere e distinguersi alla stregua dei costruttori di soffitte che pretendono di essere indifferenti al numero dei piani dell’edificio sottostante alla soffitta da costruire.

Nella cultura (e nell’edificio) dei Liberali italiani, è sempre vivo il ricordo del pensiero e dell’opera dei tanti Ministri “chiamati” a dirigere il Dicastero del Palazzo della Minerva. Sarebbe lungo l’elenco da citare (e non c’è solamente Benedetto Croce), ecco perché è bene ricordare l’ultimo liberale, Salvatore Valitutti, che assolse il compito di Ministro della Pubblica Istruzione nella prima Repubblica e dopo che si era alzato il vento degli eventi del ’68.

Avere un vivo ricordo del pensiero e delle opere di Valitutti è molto importante non solo per la scuola, ma anche per il vasto mondo della politica.

Valitutti è stato un Uomo dotato di un grandissimo spessore culturale e, prima di essere “chiamato” a svolgere il compito di Ministro al Palazzo della Minerva di Viale Trastevere, aveva maturato una ricca esperienza in materia scolastica tanto è vero che era stato anche un “burocrate” della scuola. Da Provveditore agli Studi, da docente universitario e col suo impegno politico e culturale aveva ed ha dimostrato in vario modo quanto fossero importanti le idee dei liberali nella società italiana.
L’attualità e l’importanza del suo pensiero emerge con chiarezza e in modo significativo quando rileggiamo i suoi scritti:
“… Noi oggi sentiamo il bisogno di restituire la scuola a se stessa e perciò di restituirla alla cultura, all’autonoma e viva cultura. La nostra Costituzione nell’art. 33 dice solennemente: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Per restituire la scuola a se stessa dobbiamo, per l’appunto, farne la sede del magistero dell’arte e della scienza, indispensabili per la formazione dei giovani ad uomini veramente liberi, cioè capaci di vivere e di operare nel mondo della libertà che è il mondo dello spirito creatore.” … “Abbiamo bisogno della filosofia, della storia, della matematica, della fisica, della chimica e delle altre forme della cultura artistica. Forse dobbiamo rinunciare a questo ricco e nutriente patrimonio per nutrirci solo del cinematografo della radiotelevisione e del giornalismo? Certamente no!”.

La scuola per costruire il futuro – La cultura, quando è ampiamente diffusa, alza il livello di conoscenza e di formazione del cittadino, alza il livello della società e disegna il futuro di un Paese. La scuola non può che essere pensata come “investimento” produttivo di risorse umane che siano in grado di affrontare i molteplici e complessi temi della modernità. E’ nella scuola che si può dare l’avvio alla costituzione di quel “capitale umano” che può e deve svolgere un ruolo attivo nei vari campi in cui si articolano e si esplicano sia la convivenza (e la coesione) sociale che lo sviluppo considerati in senso etico, politico, scientifico, tecnologico, economico ed ambientale.

Per sommi capi e nella tradizione del pensiero più autenticamente liberale, si possono indicare, sia pure non in modo esaustivo, almeno dieci priorità da tenere presente:
Studente da considerare come persona umana al centro degli interessi primari della Comunità scolastica e della Comunità sociale;

Dialogo educativo docente-studente da valorizzare e supportare, ancorché in presenza dei nuovi codici di apprendimento che le innovazioni tecnologiche e la modernità delle politiche educative consentono di introdurre, al duplice scopo di alzare il livello della qualità del servizio scolastico e di riconoscere la fondamentale importanza della funzione docente (la riconsiderazione della funzione docente dovrebbe avere idonei rinascimenti anche dal punto di vista retributivo);
Aggiornamento e approfondimenti continui di tutti coloro che sono coinvolti nei processi formativi;
Rapporto scuola-università finalizzato alla formazione iniziale e in servizio dei docenti, al potenziamento della ricerca educativa e dell’orientamento;
Trasparenza e partecipazione nelle strategie educative e formative della componente genitoriale e degli Enti locali;
Autonomia delle istituzioni scolastiche da riconoscere e attuare attraverso una seria cultura dei controlli, della valutazione e, soprattutto, attraverso l’affermazione dell’etica della responsabilità;
Riconsiderazione o abolizione del valore legale dei titoli di studio;
Istruzione permanente e ricorrente secondo i canoni e le esperienze che vengono indicate dall’Europa;
Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) come elementi essenziali dell’architettura formativa in tutto il territorio nazionale per come previsto dalla Costituzione;
Promozione del merito e del successo formativo, nonché diritto allo studio da potenziare sia per combattere adeguatamente il fenomeno della dispersione scolastica che per assicurare ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi nel pieno rispetto del dettato costituzionale.

Antonio Pileggi


ARTICOLO PUBBLICATO SU RIVOLUZIONE LIBERALE
ECCO DUE COMMENTI
1. Luciano Corradini scrive: 
12 novembre 2011 alle 09:54 
Ricordo anch’io Valitutti come amabile persona di cultura e scuola. In persone come lui il liberalismo non è stato più identificabile con la cultura aristocratica, illuministica e relativistica, ma come componente indispensabile del patto costituzionale, Cari saluti.

2. Raimondo Bolletta scrive: 
14 novembre 2011 alle 12:10 
La tesi di Pileggi è certamente interessante: il sedimentato culturale dei nuovi partiti della seconda Repubblica è così esiguo e povero che questi non riescono ad ispirare positivamente la crescita della scuola italiana. Cita, come fosse un fenomeno carsico, la concezione liberale del sistema educativo che variamente è emersa nel dibattito sulla scuola e la riprende evocandone la ricchezza e la disponibilità in un momento di passaggio certamente grave e difficile. Penso però che il vero problema del rapporto tra partiti e scuola sia legato al fatto che il sistema dell’alternanza bipolare, diventato in realtà un regime mediatico populista di una società decadente impaurita dal futuro incerto, presupporrebbe che la scuola fosse trattata come la Costituzione, un affare da trattare con un’ottica bypartisan per cui il ministro successivo (anche della stessa parte) non smonti quello che ha fatto il precedente. Questo, a mio avviso, ha avvilito gli interventi riformatori della scuola facendone prevalere gli aspetti superficiali e contingenti rispetto a quelli di lunga prospettiva e di identità culturale. Il momento economico è grave ma proprio il commissariamento MONTI potrebbe consentire ai partiti, presenti in Parlamento, un approccio più unitario ai problemi della scuola legato a una prospettiva condivisa a fondamento di una identità nazionale culturalmente forte.

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