Sottoposti a controlli e verifiche da un “controllore” di livello europeo, alcuni lavori eseguiti all’Aquila dopo il terremoto presentano vizi di vario genere: case a rischio di crollo in caso di nuove scosse sismiche, case costruite con materiali scadenti e insicuri, appalti costosissimi, puntuali subappalti, corrotti e corruttori che affollano i luoghi dove ci sia qualcosa da appaltare e dove ci sia l’uso del denaro destinato ai terremotati. Come spesso accade in questi casi, si parla di “infiltrazioni mafiose”. Questi esiti e questo modo di descrivere la piccola e la grande criminalità che ruota intorno ad “appalti” e subappalti potrebbe lasciare intendere che siamo innanzi a qualche mela marcia.

Dopo questo ennesimo scandalo italiano dovremmo provare a fare almeno due considerazioni. La prima concerne il fatto che gli illeciti emergano a seguito di controlli effettuati da una Autorità europea. La vicenda dovrà essere approfondita, ma sorgono inquietanti interrogativi, a cominciare dagli interrogativi che riguardano la natura e il contenuto dei controlli che si praticano in Italia in materia edilizia, specialmente nei luoghi ad elevato rischio sismico. La seconda considerazione riguarda la cosiddetta “infiltrazione mafiosa”. Sarebbe il caso di andare oltre alla solita definizione e alle solite “distinzioni” tra le forme delinquenziali. Infatti bisognerebbe, a fronte di vizi molto diffusi, cominciare a porre l’accento sul fatto che l’Italia ha ormai smarrito non solo il senso e il valore dell’etica pubblica, ma anche il comune senso dell’onestà. L’idea dell’infiltrazione è quella di un corpo sano in cui si sarebbero infiltrati corpi estranei. Ecco perché  parlare solo di “infiltrazione mafiosa” potrebbe essere “riduttivo” di un fenomeno grave e disseminato in tutto il territorio nazionale. Non siamo solo di fronte a qualcosa di misterioso, di potente e di estraneo che si “infiltra” tra la gente comune, tra la gente per bene. Dobbiamo prendere consapevolezza che ci sono troppi  “furbi” e cricche di furbi non infiltrati, ma costituenti un ampio strato sociale caratterizzato da un modo di pensare e di essere contiguo al mondo della piccola e della grande criminalità. Dappertutto, in campo politico, nel mondo imprenditoriale ed anche nelle relazioni umane circolano, impuniti, furbi e furbastri che approfittano di ogni occasione per lucrare in danno della gente per bene che viene considerata un insieme di fessi o di  polli da spennare. E si sceglie di stare “insieme” ad altri, in qualsiasi forma associativa, con uno scopo non sempre nobile. Infatti c’è una idea di rapina e di parassitismo che è entrata nel modo di pensare di troppa gente che vuole stare “insieme” al prossimo per depredarlo. Le parole mutualità e solidarietà sono scomparse dal vocabolario. La mutualità, che dovrebbe essere l’anima e lo scopo della cooperazione, non sembra molto presente nella legislazione che la regola se si considerano i troppi poteri riconosciuti agli amministratori delle piccole e delle grandi cooperative, cooperative edilizie comprese, di fronte allo scarso potere di controllo posto in capo al singolo associato. Certe esperienze cooperative, in forma molto consociativa, non hanno dato sempre prova di trasparenza, sotto l’aspetto gestionale e strutturale, e non sono state sempre un bell’esempio di effettivo sviluppo economico, sotto l’aspetto funzionale. Anche sul cosiddetto terzo settore italiano ci sarebbero molte considerazioni da fare. Pur senza semplificazioni, potrebbero essere salutari le concrete svolte rinvenibili nella sempre efficace ricetta liberale che offre rimedi concreti in direzione di una consistente riduzione della presenza del Pubblico nell’economia. Questa  significativa opzione di stampo liberale potrebbe servire a contenere al massimo le occasioni di ruberie e potrebbe rendere agevoli e veloci i complessi e molteplici interventi finalizzati ad estirpare la mala erba della corruzione e a rieducare un Paese, dove, la disonestà, anziché l’eccezione, è diventata la regola.

La parola solidarietà, che non riguarda una categoria dello spirito, ma un approccio concreto di vicinanza a chi ha bisogno, non si sente nemmeno pronunciare nel suo autentico significato. Non è azzardato dire che la parola solidarietà si sente pronunciare solo dal nuovo Papa Francesco che proprio oggi, col suo linguaggio chiaro, forte ed efficace, ha parlato del “pane sporco” proveniente dalle tangenti e dalla corruzione. In alcuni ambienti, e la politica non ne è estranea, la parola solidarietà è intesa come un vincolo di “appartenenza” ad una casta di privilegiati o di cricche di potere arroganti e senza scrupoli.

E mentre si restringe sempre più l’influenza positiva nella società dei tanti onesti imprenditori che investono e mettono a rischio  i loro capitali per fare impresa, cattivi esempi vengono dalla nutrita schiera di “prenditori” di appalti pubblici che sono diventati esperti nella teoria e nella pratica della corruzione. Viviamo in un mondo corrotto fino al midollo, un mondo dove il corruttore trova facilmente, e senza seri e severi controlli, chi è felice e contento di farsi corrompere.

Ricordiamolo sempre ai numerosi italiani con la memoria corta che la Convenzione di Strasburgo contro la corruzione è rimasta per oltre un decennio nei cassetti del Parlamento. Sta di fatto che solo con la legge n. 110 del 2012 il Legislatore italiano ha finalmente autorizzato la ratifica della convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo nel lontano 1999.

Tutto ciò che accade in Italia suscita sconcerto. Imperversano i furbi e i furbastri ed essere onesti non è solo fuori moda, infatti in alcuni ambienti, ambienti politici compresi, essere onesti significa essere considerati fessi. Dovremmo prendere coscienza che i furbi e i furbastri sono le mele marce che diffondono e rendono agevole il contagio del marciume. Il vecchio adagio dice che una mela al giorno toglie il medico di torno. In Italia si può dire che una mela marcia al giorno sta togliendo l’onestà di torno.

Sarà lunga e difficile la cura per sconfiggere la malattia perniciosa che, da troppi anni, ha infettato l’Italia e le sue istituzioni. C’è bisogno di una vera rivoluzione culturale e di una autentica rivoluzione liberale per fare riemergere principi e valori affogati nella melma dell’ipocrisia e del malaffare. Si sente un bisogno di aria pulita e di pulizia radicale che elimini i germi dell’infezione. Molto dovrà fare la scuola per ridare fiducia e speranza alle giovani generazioni. La scuola, e la comunità scolastica, come luogo di formazione alla cittadinanza consapevole, ancorché in una dimensione europea, potrà svolgere il suo ruolo essenziale nella ricostruzione morale e civile del Paese. Una ricostruzione che deve passare necessariamente attraverso la riscoperta dei valori e dei principi che ci sono tutti nella nostra “giovane” e, purtroppo, inattuata  Costituzione.

Antonio Pileggi

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